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  • Angelica Sanson

DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI UMANI: UN TRAGUARDO O UN PERCORSO?

Negli anni successivi alla Seconda Guerra Mondiale, in cui c’era l’esigenza di ricostruire ordini nazionali ed internazionali andati perduti, quarantotto Paesi firmarono la Dichiarazione universale dei diritti umani. L’assemblea era composta in totale da cinquantotto Nazioni: otto si astennero mentre due non parteciparono al momento del voto. Nessuno votò contro. Così, il 10 dicembre di settantadue anni fa, nel 1948, veniva proclamata la Dichiarazione universale dei diritti umani dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, a Parigi.

A differenza delle altre carte, come la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1798, nata durante la Rivoluzione francese, o i Quattordici punti di Wilson del 1918, che in embrione contengono comunque alcuni dei principi e dei valori espressi nei trenta articoli che compongono il documento del 1948, la Dichiarazione universale dei diritti umani poggia le sue stesse fondamenta sulla dignità umana. Non sono solo le libertà economiche, politiche o giuridiche ad essere tutelate e protette, ma è la stessa unicità di ciascun uomo ad essere salvaguardata. È l’essere umano in quanto tale a costituire la radice della sua stessa tutela.

I diritti, i bisogni e le libertà fondamentali per la prima volta sono stati riconosciuti e rispettati. La dignità dell’essere umano non si identifica più solo con la personalità giuridica o politica, ma ora viene a coincidere con tutto ciò che permette a ciascun uomo di avere una propria identità nel rispetto delle differenze degli altri. La libertà di opinione, di pensiero, di culto, di cittadinanza e di associazione pacifica vengono considerate universali: necessarie ed essenziali. Ed è la stessa cultura e formazione che dovrebbe promuovere il rispetto di tali diritti. La tolleranza e la comprensione tra le varie realtà nazionali, tra gruppi o tra persone dovrebbero essere incoraggiate con l’istruzione, gratuita ed obbligatoria almeno per le classi elementari.

La libertà che viene promossa rispetta le libertà altrui e l’uguaglianza è tale proprio per permettere a ciascun individuo di vivere le proprie differenze, nel rispetto dell’altro e di se stesso.

L’uomo, l’unico essere vivente in grado di distruggere la propria specie, attraverso questo documento viene difeso dal suo simile. La Dichiarazione, nata in un momento in cui l’essere umano aveva dato prova della sua massima crudeltà e disumanità, rimane oggi un ideale in molti Paesi. In quante Nazioni non si ha ancora la possibilità di vivere il proprio culto in maniera libera? Quanti uomini muoiono ancora per un’idea propria o per ideali o verità diverse rispetto a quelle dello Stato appartenente? Quante coppie di amanti sono costrette a non sposarsi perché appartenenti a due religioni diverse? Quanti ancora non hanno la possibilità di scegliere quale cittadinanza avere?

In questo stesso istante, mentre io sto scrivendo o mentre voi state leggendo queste poche e forse inutili righe, ci sono persone, uomini come noi, che non hanno nessun diritto da far valere, neppure quello della loro stessa vita. Non ci rendiamo conto che molto spesso anche nei nostri paesi democratici, sebbene facciano parte di quei quarantotto Paesi firmatari e promotori della Dichiarazione, vengono in qualche modo violati i diritti umani. Ciò che forse non riusciamo a cogliere del tutto è che questi trenta articoli, assieme al Preambolo che li precede, sono più attuali che mai nel nostro tempo globalizzato. La multiculturalità con cui ci troviamo a confrontarci ogni giorno è solo un sinonimo della diversità che viene garantita e protetta nella Dichiarazione. Le differenze nazionali, culturali e personali hanno bisogno di costante cura ed attenzione. La strada per la loro tutela e salvezza risulta ancora essere in salita. La Dichiarazione universale dei diritti umani non indica solo un traguardo storico raggiunto, ma, ad oggi, rimane un percorso ancora da compiere per la nostra stessa coscienza umana.


Angelica Sanson

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