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  • Gianluca Zanotti

SEMPRE CHE A QUALCUNO INTERESSI

La vicenda di Patrick Zaki ha scosso profondamente l’opinione pubblica italiana, memore del disumano trattamento riservato dalla National Security egiziana a Giulio Regeni, ricercatore universitario rapito, torturato, ucciso ed abbandonato sul ciglio di una strada.

Se per quest’ultimo si chiede a gran voce «verità e giustizia», dal momento che altro non si può – ma si deve, sia ben chiaro – pretendere, per il primo si invoca una liberazione da quella forma di «detenzione preventiva» che suona assurda ed al tempo stesso meschina. Una «detenzione preventiva» della durata maggiore di un anno si configura – pare superfluo sottolinearlo – come un palese abuso ed un’indubbia violazione dei diritti umani. Zaki è stato accusato di avere fatto «propaganda sovversiva» da un profilo Facebook, che la difesa sostiene essere falso,[1] mediante alcuni post che Patrick non riconosce come propri e che gli avvocati difensori non hanno potuto visionare.[2] Non ci è stato possibile reperire tali post in alcun modo.

E’ opportuno non indugiare oltre sui metodi utilizzati dall’intelligence del Cairo e più in generale dall’apparato di sicurezza e giustizia egiziani: trattasi di realtà ben conosciute e più volte denunciate in passato.

Giulio studiava a Cambridge, era un ragazzo di sani principi e legittime aspirazioni. Con lui, oltre al diritto alla vita ed alla libertà, è venuto meno il diritto allo studio ed alla ricerca.

La sensazione amara che gli studenti siano considerati elementi sacrificabili nel complesso scacchiere geopolitico globale pare purtroppo legittima. Possiamo credere e sperare che non sia così, che sia invece vero il contrario, che uno studente, in quanto tale, sia globalmente riconosciuto come una risorsa da proteggere.

«Ai posteri l’ardua sentenza», sempre che questi non siano destinati a vivere esperienze analoghe: i miei timori vanno in questa direzione ed i fatti recenti sembrano confermare questa impressione.

Pochi anni dopo la scomparsa di Regeni, ecco l’ingiusta carcerazione di Zaki, rientrato in Egitto per fare visita ai genitori, tornato per qualche tempo nella terra d’origine, madre e matrigna al tempo stesso.

Patrick Zaki è un cittadino egiziano che ha scelto Bologna come città dove studiare, dove intraprendere un percorso esistenziale, dove stringere nuove amicizie. Ha scelto l’Italia e l’Italia ha il dovere di ricambiare il suo affetto, magari mediante l’attribuzione della cittadinanza onoraria, già ottenuta da alcune città.

È necessario che nazioni come la nostra si pronuncino una volta per tutte in merito alla questione della difesa dei diritti umani e che stabiliscano se essa rientri tra le priorità di uno stato civile. È doveroso che lo facciano con limpida consapevolezza e disillusa onestà.

Il nucleo problematico centrale è esattamente questo: bisogna spostare l’attenzione sul piano delle priorità, analizzare lucidamente ciò che in maniera vaga si intende con «ragion di stato» e farlo senza ricorrere ad una retorica arrugginita ma facile ad abbinarsi con ogni stato d’animo. Una questione, quella della difesa dei diritti umani, che torna puntualmente alla ribalta e puntualmente finisce per passare in secondo piano, nonostante molti la diano per scontata.

Fino a quando, nella scala delle priorità di una nazione, la difesa dei diritti umani sarà posta al di sotto degli interessi economici – spesso legati a compravendite poco etiche, come nel caso del mercato delle armi –, continueranno a vivere e morire altri Giulio Regeni.

Sebbene sia profondamente pessimista in merito, conservo qualche frammento di speranza e la speranza che mi rimane viaggia in direzione diametralmente opposta rispetto alle mie convinzioni.

Invocare a gran voce «libertà per Patrick Zaki» è legittimo, doveroso e segno di sensibilità, ma chiedere gentilmente e «con i guanti di velluto» non basta: è necessario un impegno costante ed una reale devozione alla causa.


Desidero, in ultima analisi, ringraziare Amnesty International e le altre associazioni che dedicano costantemente tempo ed energie alla causa della difesa dei diritti umani.

Amnesty International ha avviato importanti e rilevanti campagne finalizzate alla liberazione di Patrick Zaki, è stata in grado di mobilitare intere cittadine, di sensibilizzare una generazione: una generazione di studenti che rivendicano il diritto allo studio, dovunque si trovino, ma anche di comuni cittadini sensibili a determinate questioni, che considero di primaria importanza.

Ho deciso di avviare questo articolo con il titolo Sempre che a qualcuno interessi rivolgendomi non a quanti, evidentemente, hanno finora lavorato alla costruzione di un mondo migliore, ma a quanti credono che la questione dei diritti umani sia una questione risolta o almeno riconosciuta nella sua rilevanza nei paesi comunemente definiti «sviluppati» come il nostro.

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